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Home›CRONACA›Bari, tentarono di rapinare il Banco di Napoli di viale Salandra: sette italiani in manette. I nomi

Bari, tentarono di rapinare il Banco di Napoli di viale Salandra: sette italiani in manette. I nomi

di Redazione
23 Maggio 2019
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Immagine di repertorio


BARI – Avevano tentato di rapinare la filiale del Banco di Napoli di viale Salandra, il 12 giugno del 2017, senza però riuscirci. Sotto accusa 7 persone che, stamattina, sono state raggiunte da altrettante misure di custodia cautelare, emesse dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari ed eseguite dagli agenti della squadra mobile.

I 7 – tutti italiani, già gravati da precedenti penali specifici – sono: Massimiliano Monacelli (40 anni), Massimo Margheriti, Antonio Attolico (55 anni), Michele De Giglio (50 anni), Biagio Monacelli (43 anni), Francesco Ritoli (42 anni) e Michele Costantino (42 anni). I primi sei sono in carcere, l’ultimo è ora ai domiciliari. Tutti dovranno rispondere, a vario titolo e in concorso tra loro, di tentata rapina aggravata (con uso di armi), detenzione e porto illegale d’armi da fuoco, furto, ricettazione e riciclaggio.

Le indagini hanno consentito di accertare le responsabilità per il grave episodio risalente al primo pomeriggio del 12 giugno 2017, quando un commando di più persone, a volto coperto e munite di giubbotti antiproiettile, ricetrasmittenti, un fucile kalashnikov e una pistola semiautomatica calibro 7,65, si avvicinò a personale dell’IVRI (Istituti di vigilanza riuniti d’Italia Spa) con l’obiettivo di impossessarsi del denaro contante che doveva essere portato nella camera di sicurezza della filiale per poi essere inserito nello sportello bancomat.

Ne scaturì un conflitto a fuoco tra i rapinatori e le guardie giurate: il correo armato con il fucile d’assalto frappose l’arma tra il telaio e la porta del locale bancomat allo scopo di impedirne la chiusura ed esplose alcuni colpi (4) verso l’interno, determinando la reazione delle guardie giurate, che risposero al fuoco – esplodendo 9 colpi – tanto da indurre i rapinatori a darsi alla fuga.

Uno di loro – Massimo Monacelli – rimase ferito a seguito della sparatoria e fu costretto a recarsi al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo per ricevere le cure del caso. Da una segnalazione, quindi, partirono le immediate indagini della squadra mobile, che subito collegarono i due episodi.

Il Monacelli, raggiunto e interrogato dagli agenti, dette spiegazioni non veritiere e fuorvianti. A distanza di alcuni giorni, però, dopo il ritrovamento di uno dei due veicoli utilizzati dai malviventi (una fiat Bravo di colore bordeaux abbandonata nella campagne di Modugno), il Monacelli fu formalmente fermato e di nuovo interrogato: in questa occasione decise di confessare di aver partecipato alla tentata rapina, fornendo anche dettagli sull’azione delittuosa, ma rimanendo omertoso sui nomi degli altri responsabili.

I poliziotti, grazie alle dichiarazioni del Monacelli, recuperarono una delle due armi utilizzate durante la rapina, un fucile mitragliatore kalashnikov di fabbricazione cinese, cal. 7,62 x 39 mm, considerata arma da guerra.

Anche grazie ai sistemi di videosorveglianza della banca, ai tracciati delle utenze telefoniche e alle intercettazioni ambientali effettuate sul veicolo in uso ad uno dei sospettati, nonché alle dichiarazioni fornite in seguito da un altro indagato, Michele Costantino (già sotto indagine per l’omicidio di Michele Amedeo avvenuto il 25 aprile 2017), gli inquirenti riuscirono ad individuare e recuperare la seconda arma utilizzata nel delitto – una pistola semiautomatica cal. 7,65 di produzione ungherese, munita di caricatore con 5 proiettili, già provento di furto e detenuta illegalmente -, e a ricostruire nei dettagli la vicenda.

Secondo gli investigatori, a ideare e programmare il piano criminale furono Biagio e Massimiliano Monacelli, insieme ad Antonio Attolico. I tre coinvolsero nelle fasi organizzative Margheriti e Costantino allo scopo di recuperare dei veicoli idonei alla rapina. Questi due, allora, si rivolsero al Ritoli, loro amico, che vendette al Monacelli la fiat Bravo per 800 euro, già provento di furto.

Due giorni prima della rapina, i fratelli Monacelli, Attolico, Margheriti e Costantino si diedero appuntamento nei pressi del McDonald’s del San Paolo e definirono i dettagli della rapina, stabilendo che il gruppo avrebbe raggiunto la banca alla primissime ore della mattina del 12 giugno.

Il giorno del previsto assalto, Monacelli Massimiliano, Margheriti e De Giglio si incontrarono verso le 6.30 in viale delle Regione (nella casa di Attolico, che custodiva la fiat Bravo, il kalashnikov, i giubbotti anti proiettile e le radio portatili procurate dal Monacelli), mentre il Costantino sostituiva le targhe del veicolo con altre, rubare da un’auto a Grumo Appula qualche settimana prima. Lo stesso Costantino mise a disposizione il secondo mezzo usato per la rapina, una fiat Bravo di colore blu rubata a Giovinazzo pochi giorni prima.

Monacelli M., Margheriti e De Giglio, una volta raggiunto l’obiettivo a bordo della fiat Bravo bordeaux guidata da Attolico, si nascosero in un locale in disuso, attiguo alla banca, attendendo notizie da Monacelli B. sull’arrivo del furgone blindato.

Nel frattempo Costantino si adoperò per occupare uno dei posti auto adiacenti all’ingresso della camera di sicurezza dello stabile, così da indurre il furgone blindato a fare un tragitto più lungo e a parcheggiare nella posizione voluta dai rapinatori. Poco dopo le 14, quindi, partì l’assalto ad opera di Monacelli M., Margheriti e De Giglio. Fu quest’ultimo a frapporre il kalashnikov tra il telaio e la porta dell’ingresso della camera di sicurezza, in modo da impedire alle guardie giurate la chiusura, ed esplodendo 4 colpi al loro indirizzo. Le guardie reagirono prontamente, ferendo Monacelli. I malviventi, a quel punto, si allontanarono.

Gli indagati sono stati portati nei carceri di Bari e Napoli in attesa del rito giudiziario.

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