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CRONACA
Home›CRONACA›Risolto il caso di Margherita, la donna polacca uccisa nel 2014 e ritrovata nel 2017 nelle ex acciaierie Scianatico

Risolto il caso di Margherita, la donna polacca uccisa nel 2014 e ritrovata nel 2017 nelle ex acciaierie Scianatico

di Redazione
23 Dicembre 2019
Bari
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Immagine di repertorio


I poliziotti della squadra mobile della questura di Bari hanno arrestato Ignazio Piumelli, pregiudicato di 53 anni, ritenuto responsabile di omicidio, riduzione in schiavitù, occultamento e vilipendio di cadavere.

Tutti reati commessi a danno della cittadina polacca Malgorzata Szlezak, detta “Margherita”, assassinata nel 2012, all’età di 50 anni.  

Le indagini sono partite il 10 maggio 2017 quando, nelle “ex acciaierie Scianatico” (via Ammiraglio Caracciolo, Bari), all’interno del vano tecnico dell’ultimo piano di un edificio in disuso, venne trovato un cadavere completamente scheletrito, coperto da assi e cassette di legno, quasi a formare una “bara”.

I resti dello scheletro erano avvolti, in tutta la loro lunghezza, da nastro adesivo e presentavano intorno alle ossa del polso due braccialetti, il primo in cotone, multicolore, e il secondo in plastica verde con la scritta “Coca Cola UEFA Euro 2012”.

In ultimo, sotto le ossa del bacino vi era un reggiseno in tessuto chiaro, non agganciato.

In fase di sopralluogo, in alcune stanze del secondo piano dell’edificio, furono trovati numerosi capi di abbigliamento, soprattutto femminili, alimenti e masserizie varie, tanto da far presumere che la struttura fosse stata abitata da soggetti senza fissa dimora.

È in tale ambito che vennero svolte specifiche attività, rese ancora più incisive a seguito dei risultati dell’esame autoptico, che stabilì che i resti scheletrici erano appartenuti ad una donna, deceduta in epoca di poco successiva al mese di giugno del 2012, a causa di uno “shock traumatico ad alta componente emorragica, nel corso ed a causa di una violenta ed efferata aggressione”.  

La presenza di alcune scritte, tipo “IGNAZIO E MARGHERITA NON ROMPETE I COGLIONI”, su due porte d’ingresso alle stanze del secondo piano, indusse gli inquirenti ad acquisire e valutare tutti gli interventi eseguiti dal personale medico del 118 e dalle forze dell’ordine, nel quartiere Fesca – San Girolamo, alla ricerca di senza fissa dimora con quei nomi di battesimo. 

Venne accertato che il corpo, identificato in quello di Szlezak Malgorzata, nata il 29.5.1962 a Dabrowa Gornicza (Polonia), conosciuta tra i senzatetto con il nome di “Margherita”, in più occasioni aveva beneficiato, sino a maggio del 2012, di una pluralità di interventi del 118, nonché da parte della polizia di Stato.

L’ipotesi investigativa che i resti umani potessero appartenere in vita a Szlezak Malgorzata trovarono ulteriore e definitiva conferma nei risultati di genetica forense che, a seguito della tipizzazione del profilo genetico dello scheletro, eseguì la comparazione con il campione biologico estratto da un tampone eseguito sulla Szlezak a seguito di una violenza sessuale subita il 24 maggio 2009.

Sui muri dei locali vennero, inoltre, trovate altre scritte il cui contenuto apparve decisamente raccapricciante se messe in relazione al rinvenimento del cadavere. “Mi dispiace chi sbaglia paga – mi ami ma devi morire” “Tu muori qua”.

Tali scritte furono sottoposte ad un raffronto grafico che, oltre ad attribuirne incontrovertibilmente la paternità al Piumelli, determinarono ulteriormente la sua presenza all’interno dell’appartamento. 

Dalla ricostruzione eseguita emerse che la relazione tra la vittima e il suo assassino risaliva al settembre/ottobre 2011.

Inizialmente ospiti del campo di accoglienza della Croce Rossa Italiana di via di Maratona, i due occuparono poi abusivamente uno stabile abbandonato in via Beltrani e, dopo il suo sgombero, trovarono rifugio nei locali delle ex acciaierie, tenendo nascosto a tutti quest’ultimo domicilio.  

Contestualmente vennero svolte attività tecniche di intercettazione sia ambientale che telefoniche ed escussi i numerosissimi soggetti che nel corso del tempo avevano avuto contatti con la coppia. Essi confermarono l’insano rapporto, basato su violenze, vessazioni e un totale isolamento della donna, sfociato poi nell’efferato omicidio.

Dalle dichiarazioni di alcuni testi emerse inoltre che subito dopo la “scomparsa” di Margherita, Piumelli aveva messo in atto una vera e propria attività di depistaggio, riferendo a tutti che la sua compagna era rientrata improvvisamente in Polonia, fornendo anche talune motivazioni, successivamente smentite, per rendere più credibile l’improvvisa scomparsa. 

Gli immediati approfondimenti avevano sconfessato quanto asserito dall’omicida e ripetuto a più riprese ai suoi conoscenti, atteso che in detto periodo la vittima era già deceduta. Contestualmente gli stessi amici di Margherita avevano fornito agli inquirenti le diverse versioni fornite dal Piumelli sulla partenza della donna.

In tale contesto, emersero altresì delle importantissime captazioni ambientali dalle quali si riuscì a dimostrare che l’indagato, in compagnia di un suo amico, aveva bruciato gli abiti della povera Margherita, nel vano tentativo di sottrarre utili elementi probatori a suo carico.

Determinanti furono le dichiarazioni rese dall’ultima compagna dell’uomo, anch’essa vittima di maltrattamenti, alla quale, ponendo in atto talune ulteriori vessazioni e con il chiaro intento di intimorirla, il Piumelli esternò la minaccia di farle fare la stessa fine di “Margherita”. 

Gli elementi così acquisiti dal gruppo investigativo della polizia di Stato hanno consentito alla Procura della Repubblica di richiedere e ottenere dal Giudice per le Indagini preliminari l’odierna misura cautelare.

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