Patrick Zaky cittadino onorario di Bari: il consiglio comunale dice sì alla proposta Pd
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Il Consiglio comunale di Bari ha approvato ieri, all’unanimità, l’ordine del giorno presentato dal gruppo consiliare del Partito Democratico (prima firmataria Micaela Paparella) per la concessione della cittadinanza onoraria a Patrick Zaky.
Zaky, ricordiamo, è un ricercatore egiziano di 29 anni arrestato lo scorso febbraio all’aeroporto del Cairo, di rientro dall’Italia (dove studia e vive), perchè accusato di “istigazione al rovesciamento del governo e della Costituzione”, e da allora ingiustamente detenuto e sottoposto a continue violazioni dei diritti umani, come denunciato da Amnesty International.
Nella figura del giovane ricercatore egiziano, attivista per la tutela dei diritti umani e di genere, che aveva deciso di vivere in Italia e studiare a Bologna, si riconoscono i valori autentici di libertà di pensiero, di espressione e di partecipazione alla vita pubblica che sono pilastri stessi del nostro sistema democratico.
La vicenda di Patrick Zaky – si legge nel dispositivo approvato ieri dall’assemblea cittadina – riapre una ferita profonda, quella legata alla tortura e all’uccisione di Giulio Regeni, rimasta ancora senza colpevoli, e ricorda come in Egitto il dissenso e la libertà d’espressione vengano repressi con il sangue, la violenza e la cancellazione di qualsivoglia diritto.
“Ringrazio tutti i consiglieri comunali per la sensibilità dimostrata nel votare all’unanimità la concessione della cittadinanza onoraria a Patrick Zaky – commenta la consigliera Micaela Paparella -. Il consenso così largamente condiviso ha conferito ancora più forza al provvedimento. Accogliamo idealmente tra i cittadini di Bari Patrick Zaky come simbolo di tutti i ragazzi del mondo che studiano per combattere le discriminazioni e i pregiudizi e, così facendo, per costruire un futuro di pace e tolleranza. Il nostro auspicio è di poter accogliere Patrick Zaky nella nostra città al più presto, perché significherebbe la fine di una detenzione ingiusta e inammissibile”.
Foto: Amnesty International
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