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Home›STORIE›Michele Laforgia ricorda Raffaele Licinio: «Era un gigante: battagliero, rigoroso e divertente». Un anno fa l’addio al prof

Michele Laforgia ricorda Raffaele Licinio: «Era un gigante: battagliero, rigoroso e divertente». Un anno fa l’addio al prof

di Michele Laforgia
12 Febbraio 2019
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Raffaele Licinio e Michele Laforgia


Anche nelle amicizie esiste il colpo di fulmine. Il mio, con Raffaele Licinio, si consumò all’inizio degli anni ‘90, quando ci conoscemmo personalmente per un caso di malasanità in cui aveva perso la vita un suo parente. Fu amore a prima vista, per quanto mi riguarda. Intelligenza vivissima, ironia, rigore intellettuale, passione politica, cultura enciclopedica, schiettezza: Raffaele aveva tutte le qualità che ammiravo. E in più era, a differenza mia, molto simpatico, almeno con quelli con cui andava d’accordo. Fortunatamente, anche con me.

Nel 2005, si ritrovò sotto processo per diffamazione per aver criticato – diciamo pure aspramente criticato – alcune interpretazioni esoteriche su Castel del Monte e il progetto di un parco tematico ispirato al Medioevo, che lui paragonò a un fast food della cultura. All’epoca, tra le altre cose, curava un sito internet per smascherare le fake news e i luoghi comuni che circolavano sul Medioevo; all’interno del sito c’erano anche due rubriche di satira, i “Monstra” e “Medieval Quiz”. Era la sua missione, dopo aver perso, non per colpa sua, quella per la militanza politica nel Partito Comunista Italiano: opporsi con tutte le sue forze alla manipolazione della storia. Oggi dovremmo riconoscere che è stato lungimirante, e che quella è stata ed è una grande battaglia politica. Purtroppo, almeno sino a questo momento, persa.

Raffaele, come noto, non le mandava a dire e considerò la querela e il processo per diffamazione una medaglia, un’occasione per battersi pubblicamente contro la mercificazione della cultura. Al dibattimento partecipai condividendo la difesa con uno dei miei più brillanti giovani colleghi di studio, Andrea Di Comite, anche lui rapito dalla verve dell’imputato. La professione di avvocato, si sa, è avara di soddisfazioni; ma, quando capitano, ripagano di tutto con gli interessi. Così fu con il processo a Raffaele Licinio, uno dei più divertenti della storia giudiziaria barese. Si discusse davvero di tutto, saltando da un paradosso all’altro: dagli alieni ai sacerdoti del Cobra Sacro di Sais, dagli immancabili Templari agli improbabili criptogrammi all’interno della Basilica di San Nicola.

Fu un giudizio profondamente tabagista – il rapporto tra le sigarette fumate dal Prof. Licinio e i testi escussi era 10 a 1 – e per le udienze “clou”, come quella in cui depose il suo amico Franco Cardini, si sarebbe potuto far pagare il biglietto: solo per posti in piedi, ovviamente. Nel corso del suo esame, Raffaele – che non vi avrebbe rinunciato neppure sotto minaccia di arresto – fu un fiume in piena: difficile fermarlo prima che arrivasse alla settima citazione di paleografia, o che illustrasse l’intera biografia di Fibonacci per documentare che non era mai stato alla Corte di Federico II di Svevia.

Dell’ultima udienza, ricordo due cose: che c’erano praticamente tutti gli studenti del suo corso e che per spiegare la differenza tra vero e verosimile, tra fatto storico e leggenda – una differenza fondata esclusivamente sul metodo, sul metodo storico appunto – utilizzammo due argomenti, entrambi insuscettibili di prova contraria: una fantomatica cena del mio socio di studio con Monica Bellucci, nella stanza segreta di un ristorante ignoto, e il fatto che Giuseppe Garibaldi non potè mangiare i kiwi (introdotti in Italia solo nel 1960). L’imputato fu assolto, com’era ovvio, ed esattamente un minuto dopo, con uno dei suoi irresistibili sorrisi chiese se era passibile di nuova querela informare gli utenti del web che in un parco tematico medievale si sarebbe dovuto consentire l’accesso solo ai visitatori senza mutande (per la fondamentale ragione che, all’epoca, non si portavano).

Da allora, anche a distanza di anni, ogni telefonata con Raffaele iniziava con la stessa, immancabile domanda: dì la verità, Andrea è andato poi a cena con la Bellucci? Insomma, Raffaele non era solo uno dei massimi studiosi del Medioevo, ma un vero spasso. La dimostrazione vivente che si può essere battaglieri, rigorosi e divertenti nello stesso tempo, senza perdere neanche un grammo della propria autorevolezza. Un gigante, in questi tempi ridanciani e cupi, in cui viene osannato chi respinge i naufraghi e brinda alla faccia dei “professoroni”. Ovunque tu sia, Raffaele, perdonali, perché non sanno quello che fanno. E non sono mai andati a cena con Monica Bellucci.

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