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CRONACA
Home›CRONACA›Banca Popolare di Bari: arresti domiciliari per i vertici dell’Istituto

Banca Popolare di Bari: arresti domiciliari per i vertici dell’Istituto

di Redazione
31 Gennaio 2020
Bari
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Banca popolare di Bari, immagine di repertorio


Sono finiti agli arresti domiciliari l’ex presidente della Banca Popolare di Bari, Marco Jacobini, l’ex condirettore generale Gianluca Jacobini (figlio di Marco) e l’attuale responsabile della funzione bilancio e amministrazione, Elia Circelli.

Nel dettaglio, gli Jacobini sono indagati per false comunicazioni sociali, falso in prospetto, ostacolo alla vigilanza, maltrattamenti ed estorsioni.

Il Circelli per false comunicazioni sociali.

Nei confronti, invece, di Vincenzo De Bustis Figarola, già direttore generale della Banca ed ex amministratore delegato (indagato per false comunicazioni sociali, falso in prospetto, ostacolo alla vigilanza, maltrattamenti ed estorsioni) è stata adottata la misura cautelare interdittiva del divieto temporaneo di esercitare la professione di dirigente di istituti bancari nonché degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.

L’ordinanza emessa dal gip giunge dopo le indagini avviate per accertare le cause che hanno portato al dissesto finanziario della Banca Popolare di Bari, recentemente commissariata dalla Banca d’Italia.

Le investigazioni hanno portato alla luce molteplici condotte illecite perpetrate mediante l’esposizione nei bilanci di esercizio di fatti non corrispondenti al vero, l’omissione di rilevanti informazioni nella redazione dei prospetti informativi diffusi in occasione dell’offerta pubblica di acquisto di nuove azioni, l’ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza svolte dalla Consob.

All’esito delle indagini sono state accertate e contestate molteplici gravi e continuate condotte fraudolente, finalizzate all’esposizione nei bilanci di esercizio relativi alle annualità 2014, 2015, 2016, 2017 e nella semestrale 2018 di dati non veritieri, al fine di occultare perdite di rilevante entità subite dall’Istituto bancario, così da gonfiare artificiosamente il patrimonio della banca e trarre in inganno i soci ed il pubblico sulla reale situazione dell’Istituto di Credito. 

Il tutto mediante:

– fittizie operazioni di cartolarizzazione consistenti nella cessione di crediti deteriorati ad una società finanziaria, la Chariot Funding LLC, e nel successivo riacquisto da parte della stessa Banca Popolare di Bari, degli strumenti finanziari che detta società aveva messo in vendita allo scopo di finanziare la cessione. Detta operazione, avvenuta a cavallo dei due bilanci di esercizio, ovvero nel 2017 la cessione dei crediti deteriorati e nel 2018 l’operazione di acquisto dei titoli, apparirebbe esclusivamente finalizzata a rappresentare l’esistenza di una liquidità, indicata nel bilancio 2017 pari a 500 milioni di euro, di fatto inesistente in quanto riutilizzata l’anno seguente per il riacquisto dei titoli emessi dalla stessa società di cartolarizzazione;

– l’indebita contabilizzazione negli anni dal 2015 al 2018 di imposte anticipate sulla perdita fiscale per complessivi 141 milioni di euro, pur essendo emersa la piena consapevolezza che la banca non avrebbe potuto conseguire negli anni successivi gli utili necessari per riassorbire dette perdite fiscali;

– l’omessa svalutazione degli avviamenti relativi agli anni 2014, 2016 e 2017, riferiti a rilevanti partecipazioni detenute dalla banca nelle seguenti società: Fusione ex Nuova Banca Mediterranea, Ramo d’azienda Gruppo Intesa San Paolo, Fusione ex Banca Popolare di Calabria, Ramo d’azienda promozione finanziaria da ex Popolare, Bari Servizi Finanziari SIM Spa, Fusione ex Banca Popolare della Penisola Sorrentina, Tercas – Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo Spa e Banca Caripe Spa, mediante la reiterata violazione dei principi contabili che presiedono alla redazione dei bilanci e delle norme di carattere tecnico che invece imponevano il ridimensionamento del valore degli avviamenti per complessivi euro 397.666.126;

– l’indebito appostamento nei bilanci relativi agli anni 2016 e 2017 di attività pari a 42 milioni di euro derivanti da un credito vantato verso l’Ente Ecclesiastico Ospedale Francesco Miulli, la cui inesigibilità era invece nota stante l’ammissione dell’Ospedale Miulli alla procedura del concordato preventivo.

Inoltre, al fine di agevolare la vendita di prodotti finanziari emessi in seguito agli aumenti di capitale deliberati negli anni 2014 e 2015 per l’acquisizione del Gruppo Tercas – Caripe, sarebbero state omesse nei prospetti informativi diffusi in occasione della offerta pubblica di acquisto dei nuovi titoli azionari rilevanti notizie destinate ad informare i potenziali acquirenti sulla reale natura dell’investimento e sui criteri utilizzati per la determinazione del prezzo di vendita delle nuove azioni, nonché sul rischio connesso all’operazione di acquisizione del Gruppo Tercas – Caripe gravato da rilevanti perdite e sulla connessa operazione di salvataggio, sul rischio di illiquidità delle azioni emesse dalla Banca, di fatto rivelatesi invendibili, così impedendo di fatto agli investitori di valutare correttamente i rischi connessi all’acquisto dei titoli.

Tali condotte sarebbero state reiterate anche nei confronti della Consob alla quale, al fine di ostacolarne l’esercizio delle funzioni di vigilanza e controllo, sarebbero state fornite dichiarazioni non veritiere in ordine alla conformità dei prospetti contenenti, in realtà, dichiarazioni mendaci e rilevanti omissioni come rilevato dalla stessa Consob con proprio provvedimento sanzionatorio adottato nel mese di ottobre del 2018.

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