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CRONACA
Home›CRONACA›Truffe assicurative, sfruttamento della prostituzione e riciclaggio: coinvolti anche 5 avvocati di Bari

Truffe assicurative, sfruttamento della prostituzione e riciclaggio: coinvolti anche 5 avvocati di Bari

di Redazione
19 Ottobre 2020
Bari
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Immagine di repertorio. Fonte: gdf.it


Maxi-operazione congiunta di Guardia di Finanza, polizia di Stato e carabinieri, oggi, a Bari.

Tredici in tutto le misure cautelari personali eseguite da militari e agenti: due in carcere, 5 ai domiciliari, 1 con obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e 5 con divieto di dimora.

Contestualmente è stato effettuato il sequestro preventivo di disponibilità liquide e di beni per un valore di oltre 80.000 euro nei confronti del principale indagato (un uomo del 1983, ndr).

Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, peculato, simulazione di reato, calunnia, autocalunnia, falsa testimonianza, favoreggiamento personale, falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative, falsità materiale commessa dal privato, soppressione, distruzione e occultamento di atti veri, alterazione dello stato civile, fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona, riciclaggio e autoriciclaggio, commessi dal 2016 al 2019.

In tutto sono 27 le persone indagate, di cui 5 avvocati del foro di Bari.

Al vertice dell’associazione per delinquere si collocano soggetti residenti nella provincia di Bari, tra i quali un avvocato classe ’69 già indagato in passato per plurimi delitti contro il patrimonio.

Le indagini sono state avviate in seguito ad alcune segnalazioni pervenute da diverse compagnie assicurative riguardanti presunte anomalie nella liquidazione di indennizzi conseguenti ad incidenti stradali, riconducibili al medesimo gruppo di persone e le cui vertenze legali sono state patrocinate dal medesimo avvocato del foro di Bari.

Le intercettazioni telefoniche effettuate dalla Guardia di Finanza e i conseguenti riscontri documentali eseguiti dall’Arma dei carabinieri hanno disvelato sin dal principio l’esistenza di un’organizzazione criminale ben strutturata – con puntuale suddivisione di ruoli e compiti – dedita prevalentemente alle frodi in danno di società assicuratrici, nonché alla commissione di una pluralità di ulteriori delitti.

Il sistema truffaldino veniva attuato mediante la produzione di falsa documentazione sanitaria (certificati medici nonché prescrizioni di esami strumentali, di dispositivi ortesici e/o di prestazioni riabilitative artatamente attribuiti – mediante l’uso di timbri e firme falsificate – ad ignari medici privati e ospedalieri), false testimonianze rese in occasione delle denunce dei simulati sinistri stradali (mai avvenuti, oppure avvenuti, ma falsati nelle dinamiche), la promozione dei corrispondenti giudizi civili (innanzi a diverse Autorità giudiziarie) con reclutamento e “addestramento” di testimoni compiacenti.

Addirittura tra i sinistri simulati sono emersi all’attenzione degli investigatori due incidenti che avrebbero determinato aborti in due donne appartenenti al gruppo criminale, in realtà intervenuti per altre cause.

Per uno di essi la Procura della Repubblica di Bari – in virtù di un protocollo d’intesa sottoscritto con l’Associazione Nazionale fra le Imprese assicuratrici (A.N.I.A.) – è riuscita ad impedire, grazie all’attiva collaborazione dell’ufficio antifrode della compagnia assicurativa interessata, la liquidazione di un risarcimento danni di euro 100.000 all’avvocato citato prima e alla sua cliente.

Dalle attività di indagine è, in più, emerso che la compagine criminale era attiva anche nel favoreggiamento e nello sfruttamento della prostituzione, inducendo o agevolando donne di varia nazionalità a svolgere l’attività di meretricio presso immobili nella propria disponibilità ubicati in Modugno, Santeramo in Colle, Trani e Roma, adibiti a falsi centri massaggi (di cui 3 già sottoposti a sequestro) e fittiziamente concessi in locazione ad alcune Onlus.

Nello specifico l’organizzazione si occupava del reclutamento delle donne, dell’inserzione di annunci “hot” su siti internet, dell’ingaggio di centraliniste e telefoniste che prendevano appuntamenti con la clientela, della gestione dell’attività di meretricio e della riscossione dei proventi illeciti.

Inoltre il promotore nonché organizzatore della compagine criminale (un uomo del 1983) – in qualità di pubblico ufficiale, perché designato quale amministratore di sostegno dal giudice tutelare (in diverse procedure di volontaria giurisdizione) – avendo, in ragione del suo ufficio, la disponibilità/gestione del denaro giacente sui conti correnti bancari e postali intestati alle persone a lui affidate, in condizioni di minorata difesa e ospiti di strutture socio-sanitarie residenziali, se ne sarebbe indebitamente appropriato per un ammontare complessivo di circa 68.000 euro.

In un caso, l’amministratore di sostegno avrebbe anche continuato a percepire l’assegno previdenziale di una persona già defunta da oltre 2 anni.

Con l’ausilio del compartimento della polizia stradale Puglia è stato, poi, possibile contestare anche le gravi ipotesi di reato di riciclaggio e autoriciclaggio di auto. Difatti, sempre il principale indagato (l’uomo nato nel 1983) avrebbe trasferito, in due circostanze, autoveicoli oggetto di simulato furto da Bari a Sofia, curandone poi la re-immatricolazione in Bulgaria, con assegnazione di nuova targa e certificazione bulgara, così da impedirne l’identificazione della provenienza.

Tali automezzi, peraltro, venivano anche reimpiegati in Italia da una società di riabilitazione motoria di diritto bulgaro, con sede in Sofia, riconducibile allo stesso indagato.

Infine, sempre il promotore della compagine criminale – pur consapevole di non essere il padre biologico di una bambina nata dalla relazione della propria moglie con un altro partecipe all’associazione per delinquere – avrebbe falsamente dichiarato all’ufficiale dello Stato Civile di essere il padre della neonata in sede di formazione del corrispondente atto di nascita e, così facendo, avrebbe alterato lo stato di famiglia della minore rendendolo non conforme al reale rapporto di procreazione, con il consenso (e il concorso morale) dei genitori naturali della piccola.

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